giovedì 19 giugno 2014

Tutto il resto in sovrappiù


Grande Ratzinger. Ogni volta che leggo pagine scritte da lui c’è una freccia che mi colpisce. Scrive: “nel Vecchio Testamento tra Dio e l’uomo non c’è comunione: la trascendenza del Creatore è insormontabile”. Solo in seguito, con l’Incarnazione di Dio, l’uomo entra in comunione con Gesù. Il nostro punto d’arrivo è San Paolo quando dice: “Vivo, ma non sono più io che vivo: è Cristo che vive in me” (Gal 2,20). La legge, le tradizioni sono legate all’Antico Testamento, nel Nuovo si apre, in più, il grande spazio dell’interiorità, del dialogo con Dio che è diventato “Abbà”, Papà, Padre nostro e non più l’Innominabile. Ci colpiscono e stimiamo le tradizioni ebraiche e le preghiere musulmane. Noi abbiamo le parole del cuore con un Dio che si presenta come Sacro Cuore.  La vocazione del cristiano è l’identificazione con Gesù, che avviene soprattutto col sacramento della Comunione. La comunione con Dio! Chi ha questo dono? In quale religione c’è qualcosa di simile? Dice Ratzinger “ Ricevere il Signore nell’Eucaristia significa entrare nell’essere di Cristo”. Anch’io che non sono nulla, non ho nulla, non so nulla, sono chiamato a quest’identificazione ma l’iniziativa non è mia. E’ Gesù che pilota la barca, io sono un garzone che pulisce il ponte. La mia preghiera è il silenzio perché Gesù parli, perché Maria mi accudisca. Occorre gridare perché i cristiani ambiscano a quest’identificazione. Tutto il resto (la vita matrimoniale, professionale, civile, politica) ci viene dato in sovrappiù.


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